martedì 23 febbraio 2010

Caos



...direi che è ora di riordinare la scrivania.

domenica 21 febbraio 2010

Visto che ne parlano tutti...

Io, che notoriamente evito il Festival di Sanremo come la peste, stamani , per puro sadismo, sono andata a cercarmi su youtube il momento topico in cui hanno annunciato che il trio pupo-savoiardo-tenore era in finale.
Ieri il fidanzato-in-carriera mi ha obbligato ad ascoltare la loro canzone: lui rideva fino alle lacrime, io lacrimavo e basta.
"...per dire al mondo e a Dio, Italia amore mio"??? che tristessa!
Avrebbero almeno potuto sforzarsi di azzeccare qualche rima in più, così forse il pubblico, distratto dalla cadenza orecchiabile, non avrebbe badato troppo alle parole.

La mia teoria è che da casa li abbiano votati apposta: "Oh dai, votiamo Emanuele Filiberto. Sai che risate se arriva in finale?!".
Evidentemente è un'idea che hanno avuto in molti.
Mi è anche venuto il dubbio che ci fosse una qualche congiura orchestrata tramite facebook; se è così, potevate avvisarmi: li avrei votati anch'io!
Comunque ha funzionato alla grande: il pubblico e l'orchestra si sono ammutinati e la Clerici, dopo aver balbettato qualcosa a proposito del popolo sovrano, c'aveva la faccia di una che vorrebbe solo scappare in bagno a piangere.
Povera Antonellina, ti auguro con tutto il cuore di poter tornare al più presto alla Prova del Cuoco, a cantare "le tagliatelle di nonna Pina" ancheggiando gioiosa tra tortelli di zucca e bracioline d'agnello. Quella si che era casa tua!


Piuttosto, tornando alle cose serie: non trovate che il numero della Cuccarini sia fantastico?

Io, personalmente, avrei tolto anche la chitarra.
Quello sì sarebbe stato un gran finale, che avrebbe salvato la serata.

venerdì 19 febbraio 2010

Piove

Piove forte oggi.
Quella pioggia densa e pesante, che inzuppa ogni cosa fino nell'anima.
La osservo dalla finestra, assaporando il caldo e l'asciutto, mentre fuori il mondo diventa molle e pesante.
E mi viene in mente una cosa.
Faccio partire l'audio, appoggio la fronte e le mani al vetro freddo e ascolto.



Il gorgoglio dell'acqua e lo sroscio delle gocce si mescolano alla musica e alla voce.

Io non le avevo mai capite, le lunghe e ricciolose poesie di D'Annunzio.
Non mi commuovevano, non mi scuotevano, non mi davano quel brivido di piacere, quella leggera pelle d'oca che mi regala, quando è perfetto, l'accostamento delle parole.
Finchè qualcuno, con toni vibranti e suadenti, non me le ha lette ad alta voce. Allora ho scoperto che in quei versi non c'è nulla da spiegare, nulla da capire:
Bisogna solo chiudere gli occhi e lasciarseli sgorgare dentro.
Come un lungo, lunghissimo orgasmo.


ps: Fatelo questo esperimento.
Nel caso dalle vostre parti ci sia il sole, a destra ho messo un video con il rumore della pioggia. Fatelo partire ma tenete l'audio basso. Poi fate partire anche la poesia.
Chiudete gli occhi, è fondamentale, altrimenti non funziona.
E cercate nella vostra testa quei suoni e quelle immagini che il testo evoca.
Fatemi sapere come è andata. Ci tengo.

martedì 16 febbraio 2010

Nuovi arrivi

Insomma bisognava che prima o poi ne parlassi.
Delle mie attitudini da gattara intendo.
Per quelli che già si immagino la vecchia pazza dei Simpson che lancia gatti a chiunque la guardi: no, non le somiglio per niente.
Io i gatti non li lancio, li raccatto. E poi sono giovane e carina.
Più o meno funziona così: la Protezione Animali mi telefona e mi dice -Ci hanno appena portato un micino minuscolo, puoi venirtelo a prendere?-. Io vado e me lo porto a casa. Lo rimetto in sesto, lo curo se è malato, lo svezzo se ancora non mangia da solo. Alla fine lo faccio vaccinare e gli cerco una famiglia. Questo, soprattutto d'estate, capita a ripetizione.
Appena uno viene adottato, ne arriva un altro.
I miei genitori all'inizio si arrabbiavano, dopo un po' si limitavano a brontolare, infine si sono rassegnati. Ora mi chedono con impazienza quando arriverà prossimo gattino, che loro ne sentono la mancanza.
I cuccioli di gatto sono così: creano assuefazione. Una volta che cominci, non riesci più a farne a meno.

Ma torniamo a noi.
Vi presento ufficialmente i primissimi micro-trovatelli del 2010.
Hanno storie diverse, ma sono entrambi approdati qui, in un modo o nell'altro. Così, per pura coincidenza, sono diventati fratelli.

Alvin ha 50 giorni, viene da Roma e ha un occhietto malandato che gli conferisce il fascino dell'uomo vissuto.
Deve il suo nome al famoso chipmunk dalla vocetta fastidiosa: la sua è uguale.
E' arrivato dalla capitale in grande stile, viaggiando in prima classe sull'Eurostar più veloce del west.
Deve essersi montato la testa perchè appena ha messo piede nella metropolitana milanese ha iniziato a gridare a pieni polmoni tutto il suo disappunto: evidentemente riteneva che una limousine fosse più appropriata per un gatto della sua levatura. In ogni caso, non avevo soldi nemmeno per un taxi, quindi sua eminenza ha dovuto adeguarsi, e ha continuato a strillare fino a casa.
Una volta arrivato ha scoperto che la sua mamma non era lì ad aspettarlo, come probabilmente si aspettava lui. Si è infuriato col mondo: ha miagolato alla lettiera, al topino di pezza, alla ciotola, alle mie pantofole e al micio che lo fissava dallo specchio.
Quando gli ho offerto un piattino di costossissima mousse di anatra, ha miagolato anche a quella.
Poi si è avvicinato diffidente, ha dato una sniffatina e l'ha divorata.
A pancia piena deve aver fatto qualche considerazione e, una volta stabilito che potevo essere una mamma passabile, ha smesso di lamentarsi e mi si è appiccicato come una cozza.


Anche Amèlie ha 50 giorni, l'hanno raccolta ieri sul ciglio della tangenziale.
E' soffice e silenziosa come un trudino, si è lasciata fare il bagno senza lamentrarsi, ha sopportato stoicamente il phon che le arruffava il lungo pelo, infine si è fatta pettinare e profumare.
E' una principessina che sembra uscita dagli Aristogatti. Sta seduta ben composta accanto a me e, fuseggiando sorniona alle mie carezze, finge di ignorare i tentativi di Alvin di attirare la sua attenzione.
Lui salta, rotola, miagola, si esibisce in goffe acrobazie e le allunga qualche impudente zampata.
Lei, impassibile, socchiude appena gli occhi.
Poi abbassa castamente lo sguardo e, con apparente noncuranza, si liscia il pelo nero e lucido.
La linguetta rosa guizza rapida e maliziosa.
Un tripudio di felina sensualità.

ps:  Le foto fanno un po' pena, lo so. Ma fotografare i gatti è un'impresa. Sono abilissimi a prenderti per il culo: stanno perfettamente immobili, in posa, per minuti. Ma appena sei pronto a scattare, girano la testa e se ne vanno, agitando eloquentemente la coda.

domenica 14 febbraio 2010

Soporiferi resti

Sono stata a lungo indecisa se pubblicare o meno questo post.
Il motivo è che io odio quando il fidanzato-in-carriera mi dice "te l'avevo detto".
Però è vero, me l'aveva detto. Quindi mi prenderò le mie responsabilità e ammetterò le mie colpe.

Partirò con una premessa: Questo film mi ispirava.
Non avevo visto il trailer e non avevo letto recensioni, ma avevo sentito la trama e mi sembrava che i presupposti fossero promettenti: una 14enne è stata assassinata da un vicino di casa maniaco e cerca di comunicare con suo padre.
Interessante, no? Un po' tipo il Sesto Senso.
Poi il regista è Peter Jackson, quello di Jurassic Park.
Io avevo sei anni quando è uscito Jurassic Park ma mi ricordo che mi era piaciuto. Ho ancora in mente la scena dello sfigato che corre a nascondersi in un bagno pubblico, ma il tirannosauro lo sente, lo stana e se lo mangia vivo, con ancora i pantaloni abbassati.
Sono immagini che ti restano impresse, soprattutto se hai sei anni e bagni ancora il letto.

Ad ogni modo non divaghiamo: qua (purtroppo) di dinosauri non ce n'è nemmeno uno.
Dico purtroppo perchè probabilmente avrebbero salvato il film.
C'è invece un'adolescente lagnosa -la stessa guastafeste che in "Espiazione" rovinava la vita a Keira Knightley- che per tutto il film sgrana gli occhioni celesti e ci ripete (con voce moooolto leeenta e scaandiiitaaa...peer creaaare atmosfeeeraaa) che lei aveva quattordici anni ed era felice, ma è stata uccisa dal suo vicino di casa.
Però non è in paradiso. No.
E' rimasta in una specie di terra di mezzo, piena di campi di grano dorati, spiagge assolate, boschi innevati, arcobaleni e chiari di luna sul mare.
Perchè si trova lì? Boh.
All'inizio del film non si capisce. Alla fine, nemmeno.
Per tutto il tempo si attende con fiducia una svolta, un colpo di scena, un epilogo anche scontato, ma che almeno dia uno straccio di scopo a questo interminabile film.
Invece no, non succede nemmeno quello che proprio tutti vi aspettereste. Non succede niente di niente.
La ragazza sta semplicemente lì.
Va in giro per la valle incantata, balla, piange, ride, corre, cammina.
Poi da un certo punto decide di alzare i tacchi e muore sul serio, augurando a tutti una vita felice e molto lunga.
E il film finisce. Finalmente. Con tutti gli uomini in sala che si toccano le palle.
Il motivo per cui ci abbiano fatto pagare un biglietto e restare per due lunghe ore seduti al buio, però, resta un mistero.

Vorrei aggiungere che nel cast c'è anche Susan Sarandon, che è brava come al solito e merita di essere citata.
Il suo personaggio è intrigante e divertente, ma privo di causa e di scopo...un po' come tutto in questa lagna di film.

Il mio consiglio: se proprio dovete scegliere, andate a rivedervi Avatar con gli occhialetti 3D, oppure optate per una serata in pizzeria.

venerdì 12 febbraio 2010

Aperitivo in triennale

Se siete di Milano o se comunque nei prossimi mesi passerete di qui, fateci un salto.  Ne vale assolutamente la pena.
Se poi, come me, avete anche un'amica fashion e quasi-laureata in storia dell'Arte, portatevela dietro.
Con quelli che già conoscono Lichtenstein sfonderò una porta aperta, ma io ne sapevo poco o niente e sono andata letteralmente fuori di testa.


La porta-groviera, da sola, vale il biglietto della mostra.

giovedì 11 febbraio 2010

Le insidie del touch-screen, e altre storie.

Io sono una persona che si affeziona parecchio alle cose.
Fatico a staccarmi da jeans ormai lisi e sdruciti, da scarpe da ginnastica che cadono a pezzi, dai libri cartonati di quando avevo 2 anni. Al liceo ero affezionata al mio banco quasi più che alla mia compagna di banco, conservo ancora l'astuccio e le penne usate per 5 anni e ho avuto una crisi isterica quando ho scoperto che mia madre aveva regalato alcune delle mie vecchie bambole (le quali, per intenderci, vivevano da anni in uno scatolone in cantina, lontane dai miei occhi e dal mio cuore).
I cambiamenti forzati mi inquietano, mi turbano, mi trasmettono un profondo senso di disagio. Come un solletico alla bocca dello stomaco. Le novità, a meno che non le stabilisca io, mi mettono ansia.

Vi lascio immaginare la mia disperazione quando, pochi mesi fa, il cellulare che era stato mio compagno di vita per quasi 5 anni, si è spento in un tenue lampeggio e non si è più riacceso.
Non era un gran cellulare. Era un modello mediocre già 5 anni fa.
Ma era pratico, piccolo e comodo. Aveva funzionalità semplici, forme morbide e gentili, colori tenui e gradevoli. E soprattutto era meravigliosamente familiare. Potevo usarlo ad occhi chiusi, con le mani legate dietro la schiena. Potevo riconoscere la sua vibrazione tra mille e a scrivere un messaggio impiegavo 4 secondi netti.
La sua prematura dipartita ha lasciato in me un vuoto incolmabile.

Ho iniziato a vagare per negozi e centri commerciali sperando di trovarne uno uguale: volevo lo stesso modello e lo stesso colore. Niente di più e niente di meno.
Disgraziatamente la ricerca non ha portato alcun risultato: il mio cellulare era talmente obsoleto da essere ormai scomparso da qualsiasi catalogo.
Così mi sono rassegnata a cercarne uno nuovo, che magari fosse simile e della stessa marca, per mantenere viva almeno la sua memoria.
Quello che ho scelto alla fine, dopo aver scartato centinaia di modelli dalle dimensioni spropositate, dai prezzi esorbitanti, dalle funzioni imprevedibili, dai colori imbarazzanti, dalle forme spigolose, dalle tastiere sconfinate, non gli somiglia per niente.
Ma almeno è piccolo, ha forme arrotondate e armoniche e un colore che mi sta simpatico.

...Peccato per il terrificante dettaglio che al momento dell'acquisto ho ingenuamente sottovalutato: il touch-screen.
Infido accessorio assai fashion al momento, ma dalle isidie imprevedibili.
Ancora oggi, a distanza di mesi, faccio fatica a scorrere la rubrica senza chiamare persone a caso, a scrivere un sms ci metto dai 35 ai 50 minuti e riattacco a tradimento durante le telefonate, semplicemente sfiorando lo screen con l'orecchio.

Questo gioiellino prevede anche una funzione di sicurezza super avanguardistica: in pratica tu scegli una lettera a piacimento e insegni al tuo telefonino a sbloccarsi solo e quando tu, col tuo ditino, tracci sullo schermo la letterina magica.
Io ci ho provato:  ho scelto la lettera più semplice del mondo (la I) e piena di fiducia ho lasciato che il telefono si spegnesse.
Ho trascorso i successivi 3 giorni tentando inutilmente di tracciare col dito una I convincente, che persuadesse il mio diffidente cellulare ad accendersi per me.
Ancora oggi mi chiedo cosa sarebbe successo se, per puro virtuosismo, avessi scelto la K!

mercoledì 10 febbraio 2010

Odii a dozzine

In risposta all'ultimo post della mitica Valentina-zampedigallina e visto che per gli elenchi ho una predilezione, ecco a voi la mia dozzina di cose che odio:

- La sveglia, a qualsiasi ora sia puntata, perchè mi fa venire la tachicardia.
- Il pesce con le lische che ti guarda dal piatto con l'occhietto vacuo e appannato.
- La bistecca come la fa mia mamma: dura e insipida.
- La nuova Mayo con più yogurt, perchè sa troppo di yogurt e poco di maionese. Era meglio quella vecchia.
- L'odore e la vista del secchio dell'umido. Mi fa proprio vomitare.
- I maglioni che pizzicano, soprattutto se sono a collo alto.
- Kuelli ke skrivono le k al posto delle c, quelli che scrivono "te lo detto" al posto di "te l'ho detto", quelli che per fare i fighi usano i caratteri greci anche se non sanno come si leggono. In generale, quelli che con la lingua italiana hanno litigato da piccoli.
- Aspettare la metropolitana, soprattutto quando sono in ritardo.
- Stendere, soprattutto le lavatrici bianche.
- Le vespe, i calabroni e qualsiasi cosa ronzante, volante, giallo-nera e munita di pungiglione. Fanno eccezione le api, per le quali nutro simpatia e ammirazione.
- Le persone stupide.
- Le persone che mi trattano come una stupida.

Dispersa

Sono viva e sto relativamente bene.
Ma sono entrata nel tunnel di Lost e mi mancano ancora due serie e mezzo prima di poter rivedere la luce. Al momento passo ogni secondo libero davanti alla tv e di notte sogno mostri di fumo, orsi polari e un tizio inquietante, col naso a becco e gli occhi spiritati, che mi dice che l'Isola mi ha scelto.
Sono talmente persa che ieri sera mi sono addirittura dimenticata di registrare il dottor House.
Ci risentiamo quando sarò tornata alla realtà (penso mi ci vorranno altri 2-3giorni).
Statemi bene e, se incontrate un tale di nome Ben, non dategli troppa confidenza.
...ora che ci penso, anche dei pelati fanatici è meglio non fidarsi troppo: spesso hanno un coltello nascosto nelle mutande.
See you soon.

Bia

sabato 6 febbraio 2010

Allettata

Influenza. Di nuovo.
E' la terza volta in due mesi, qualcosa non va: il mio corpo si sta insubordinando.
Ho il naso che zampilla come una fontana e che lampeggia come quello dell'Allegro Chirurgo, non riesco a respirare, non riesco a mangiare e ieri sera sono collassata con la faccia nel lavandino mentre cercavo di lavarmi i denti.
Morale: altra giornata a letto.
Ho già letto tutto il leggibile in casa ed è fuori discussione che riesca a trascinarmi fino alla biblioteca.
Sto covando l'insana idea di rivedermi tutto Lost dall'inizio, o almeno recuperare le 3 serie che mi sono persa, nel minor tempo possibile.
Non sono molto sicura di come il mio cervello, a livello psico-fisico, potrebbe reagire all'impresa. Per questo titubo.

 
Sdo baaaaleeeee!

venerdì 5 febbraio 2010

Vecchia foto

Mi è capitata per le mani una vecchia foto della mia prima comunione.
Ho la casa piena di vecchie foto, ma non so perchè questa non riesco a smettere di guadarla.
Continuo a prenderla in mano e non mi riesce di metterla via.
Forse perchè per una volta eravamo tutti insieme.
Forse perchè oggi nevica e la neve fa volare i pensieri.
Eppure è tanto strano: rivedo una famiglia che era la mia, ma che faccio fatica a riconoscere.
Mia mamma un po' più magra, col viso meno tirato.
Mio padre coi capelli neri, ma la barba che già si imbianca. Gli occhi invece, quelli sono sempre i suoi.
Quel bambino in canzolcini, col sorriso sghembo e i capelli tutti leccatini da una parte. Che fine ha fatto? Impossibile sovrapporre il suo visetto pulito a quello schivo e ombroso  del ragazzo molto più alto di me che è oggi mio fratello.
Mia sorella non c'è, non è ancora nata. Alla nostra famiglia mancava un pezzo e noi non lo sapevamo. Posavamo tranquilli, ignari di quell'assenza che oggi mi sembra lampante.
Ma forse mia mamma sì che lo sapeva, anche se ci vorranno ancora due anni alla sua nascita, anche se aveva già una figlia e un figlio. Sono sicura che mia sorella la stava covando già da allora.

E poi ci sono io, che non sorrido. Che mi guardo seria attraverso la fotografia. Che ho i mughetti tra i capelli, ma la frangia spettinata. Io che sono sempre io ma non sono più io.
E dai miei occhi non riesco a distogliere lo sguardo. Perchè nonostante mi sforzi con tutta me stessa, io quella bambina dall'espressione solenne e pensieroso non riesco a ricordarmela.
E mi sembra di tradirla, di farle un torto.
Vorrei parlarci ora con quella me stessa di 10 anni.
Vorrei chiederle cosa pensa, cosa sogna, cosa vuole diventare.
Vorrei mostrarle come sono oggi e chiedere: che te ne pare?
Ma ho il terrore che leggerei nei suoi occhi un'ombra di delusione.

giovedì 4 febbraio 2010

...io quando ho visto il lettino di pelle nera, ho sperato in una di quelle sedute da film: io ipnotizzata, sdraiata ad occhi chiusi, a sciorinare tutta la mia esistenza regredendo fino alla prima infanzia, mentre un'avvenente dottoressa occhialuta dall'aria compita prende diligentemente appunti sul suo taccuino.
Invece purtroppo no. Il lettino è servito solo ad appoggiarci cappotto, cappello e sciarpa rossa, e il mio primo colloquio con la psichiatra si è svolto in modo molto meno iconografico.

A dire la verità, io speravo mi prescrivesse un antidepressivo e addio. Lei invece ha voluto che le raccontassi di me. Sul momento ho pensato "ti prego no, mi sento idiota, non so cosa dire, spicciolerò banalità su banalità".
Poi qualcosa inspiegabilmente deve aver ceduto, perchè sono partita come un fiume in piena, ho parlato e parlato e parlato a raffica, senza un senso logico, senza mai riprendere fiato. Alla fine mi ha dovuto fermare lei dopo oltre un'ora, probabilmente esausta, per dirmi che il colloquio era finito. Grazie. Ci rivediamo tra una settimana.
E i miei antidepressivi? Niente. Ci rivediamo tra una settimana.

Non avrei mai pensato di avere tante cose da dire. Parlare ad alta voce fa vedere tutto da un'altra prospettiva e quando sono uscita mi sentivo una specie di guru a cui avessero svelato la verità suprema, guardavo il mondo con occhio saggio e benevolo e parlavo come la tartaruga di Kung-fu Panda.
Ci sono stati però anche alcuni effetti collaterali di cui sarà bene tenere conto: pare che l'ebbrezza della raggiunta consapevolezza tenda ad indurre iniziative assai drastiche e leggermente sconsiderate.
Amica-saggia mi ha suggerito di rimandare ogni decisione a quando le sedute saranno finite.
Forse è meglio.

martedì 2 febbraio 2010

Trashitudine

Credo che la mia sia una delle poche case rimaste senza Sky.
La cosa un po' triste è che non si tratta di una nostra scelta, una decisa presa di posizione, un segnale di resistenza alla teledipendenza dilagnate e ai programmi spazzatura. Bensì di un problema tecnico.
L'omino-sky è venuto, ci ha fatto spostare tutti i mobili, ha smontato la presa di corrente, ha aggrottato le ciglia, ha sentenziato: - Da qui il cavo non ci passa - e se ne è andato.
Addio Sky.

Fortunatamente però ne sono adeguatamente fornite tutte le famiglie per cui faccio la babysitter, così ho modo di tenermi relativamente aggiornata su certe chicche imperdibili:

Reparto Maternità: nel caso foste ansiosi di sapere nei dettagli quanto si soffre durante il travaglio, se siete curiosi di ficcare il naso tra le cosce di una poveretta che sta partorendo, se volete assistere a urla di dolore, lacrime e imprecazioni e soprattutto se volete convincervi definitivamente che avere un bambino è una pessima idea, questo è il programma che fa per voi.
Io ne ho vista mezza puntata e ho deciso che non permetterò mai a nessuno di abitare (e soprattutto di uscire) dalla mia pancia.
Conclusioni: il programma è probabilmente sponsorizzato dall'Ente Italiano per le Adozioni Internazionali.

Malattie imbarazzanti: ottimo per gli amanti dei film splatter. Nell'unica puntata che ho visto parlavano di una bambina con delle verruche giganti (ma proprio giganti eh), di un tizio con le orecchie squamate, di una ragazza con delle tette così pesanti che rischiavano di sfondarle il torace mentre dormiva e di una signora con le emorroidi.
Poi i super-medici andavano a una fiera del bestiame e spiegavano a un gruppo di contadini cosa sono le malattie veneree.
Morale: è meglio usare il preservativo anche quando si fa sesso orale.

SoS Tata: è il mio preferito in assoluto. Poveri genitori masochisti che si prestano a essere messi pubblicamente alla berlina, a mostrare al mondo il peggio dei loro figli e a farsi sgridare da una specie di befana che nemmeno la peggiore delle suocere.
La Tata Lucia ha metodi solidi ed efficaci, che sono sempre gli stessi: non si grida, non si picchia, non si dicono parolacce, non si dorme nel lettone, non si mettono le dita nel naso.
Se i bimbi urlano, ignorali. Se i bimbi frignano, ignorali. Se i bimbi si prendono a calci tra loro, ignorali. Se i bimbi prendono a calci te, spiegagli dolcemente "la mamma è triste perchè le state sbraciolando gli stinchi", poi ignorali. E così via.
Di solito funziona e in una settimana i piccoli mostri si trasformano in bambini giudiziosi, ubbidienti e riflessivi.
Se non funziona, al posto dei figli vi ritroverete delle scimmie urlatrici fuori controllo...ma Tata Lucia assicura che non capita quasi mai.
Un prezioso consiglio: allattare tuo figlio fino a 5 anni? forse non è il caso.

lunedì 1 febbraio 2010

Esperimento culinaro

"Esperimento" è proprio il termine adatto, perchè io e cucina raramente stiamo nella stessa frase. Tra le mie imprese più grandiose si ricordano un gelato salato, dei muffin con tanto cacao ma senza zucchero e una salsa di pomodoro esplosiva, che ha ritinteggiato mezza cucina...direi che le possibilità che l'esperimento mi scoppi tra le mani come una bomba, sono parecchie.
E' questo il motivo per cui, di solito, mi astengo dal cimentarmi ai fornelli: una questione di puro buon senso.
Ma oggi mi sento ispirata, quindi incrociate le dita e seguitemi nell'impresa!

1- Gli Ingredienti
Siccome non avevo voglia di uscire a fare la spesa, ho deciso di puntare su una delle torte più semplici dell'universo (che io adoro) e che necessita di una manciata di ingredienti che avevano l'innegabile pregio di essere già in casa: 4 ovetti, 2 bicchierini di olio d'oliva, una buccia di limone, 3 melone (vabbè ci volevano gialle, ma io queste avevo), 150 g di zucchero, 300g di farina, una bustina di lievito e un bicchiere e mezzo di latte (io avevo solo quello che vedete in foto, visto che mio fratello si è scolato il resto, ma me lo sono fatto bastare!).

2- Mescolare, montare, sbucciare
Prima difficoltà: rompere le uova e dividere i rossi dalle chiare.
Ebbene, sono stata bravissima! Nemmeno un tuorlo si è spappolato e nemmeno un gocciolino di albume è finito dove non doveva. Ho montato a neve gli albumi e mescolato i tuorli con farina, zucchero, lievito, olio, latte e la buccia grattuggiata di limone (ci è cascato pure un po' di parmigiano che era rimasto sulla grattugia, ma non formalizziamoci).
Poi ho sbucciato le mele (noooia), ne ho stagliuzzate due a toccoletti piccini e li ho mescolati al resto degli ingredienti. Infine ho aggiunto gli albumi montati, mescolando pianino pianino per mantenere l'impasto "spumoso".

3- Intortare, decorare e infornare

Versato l'impasto nella teglia, ho aggiunto la terza melona tagliata a fettine (in teoria si sarebbe dovuto formare un sole, ma essendo il primo esperimento ho deciso di non essere troppo esigente con me stessa). Ho leccato adeguatamente la terrina e il mestolo, perchè l'unica cosa più buona di una torta cotta è l'impasto crudo, e ho infornato a 180gradi per circa un'ora.
.....da-daaaaan!
Da così: 
A così:


...e nel caso ve lo steste chiedendo, la cucina è ancora intatta!

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