giovedì 4 febbraio 2010

...io quando ho visto il lettino di pelle nera, ho sperato in una di quelle sedute da film: io ipnotizzata, sdraiata ad occhi chiusi, a sciorinare tutta la mia esistenza regredendo fino alla prima infanzia, mentre un'avvenente dottoressa occhialuta dall'aria compita prende diligentemente appunti sul suo taccuino.
Invece purtroppo no. Il lettino è servito solo ad appoggiarci cappotto, cappello e sciarpa rossa, e il mio primo colloquio con la psichiatra si è svolto in modo molto meno iconografico.

A dire la verità, io speravo mi prescrivesse un antidepressivo e addio. Lei invece ha voluto che le raccontassi di me. Sul momento ho pensato "ti prego no, mi sento idiota, non so cosa dire, spicciolerò banalità su banalità".
Poi qualcosa inspiegabilmente deve aver ceduto, perchè sono partita come un fiume in piena, ho parlato e parlato e parlato a raffica, senza un senso logico, senza mai riprendere fiato. Alla fine mi ha dovuto fermare lei dopo oltre un'ora, probabilmente esausta, per dirmi che il colloquio era finito. Grazie. Ci rivediamo tra una settimana.
E i miei antidepressivi? Niente. Ci rivediamo tra una settimana.

Non avrei mai pensato di avere tante cose da dire. Parlare ad alta voce fa vedere tutto da un'altra prospettiva e quando sono uscita mi sentivo una specie di guru a cui avessero svelato la verità suprema, guardavo il mondo con occhio saggio e benevolo e parlavo come la tartaruga di Kung-fu Panda.
Ci sono stati però anche alcuni effetti collaterali di cui sarà bene tenere conto: pare che l'ebbrezza della raggiunta consapevolezza tenda ad indurre iniziative assai drastiche e leggermente sconsiderate.
Amica-saggia mi ha suggerito di rimandare ogni decisione a quando le sedute saranno finite.
Forse è meglio.

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