martedì 16 febbraio 2010

Nuovi arrivi

Insomma bisognava che prima o poi ne parlassi.
Delle mie attitudini da gattara intendo.
Per quelli che già si immagino la vecchia pazza dei Simpson che lancia gatti a chiunque la guardi: no, non le somiglio per niente.
Io i gatti non li lancio, li raccatto. E poi sono giovane e carina.
Più o meno funziona così: la Protezione Animali mi telefona e mi dice -Ci hanno appena portato un micino minuscolo, puoi venirtelo a prendere?-. Io vado e me lo porto a casa. Lo rimetto in sesto, lo curo se è malato, lo svezzo se ancora non mangia da solo. Alla fine lo faccio vaccinare e gli cerco una famiglia. Questo, soprattutto d'estate, capita a ripetizione.
Appena uno viene adottato, ne arriva un altro.
I miei genitori all'inizio si arrabbiavano, dopo un po' si limitavano a brontolare, infine si sono rassegnati. Ora mi chedono con impazienza quando arriverà prossimo gattino, che loro ne sentono la mancanza.
I cuccioli di gatto sono così: creano assuefazione. Una volta che cominci, non riesci più a farne a meno.

Ma torniamo a noi.
Vi presento ufficialmente i primissimi micro-trovatelli del 2010.
Hanno storie diverse, ma sono entrambi approdati qui, in un modo o nell'altro. Così, per pura coincidenza, sono diventati fratelli.

Alvin ha 50 giorni, viene da Roma e ha un occhietto malandato che gli conferisce il fascino dell'uomo vissuto.
Deve il suo nome al famoso chipmunk dalla vocetta fastidiosa: la sua è uguale.
E' arrivato dalla capitale in grande stile, viaggiando in prima classe sull'Eurostar più veloce del west.
Deve essersi montato la testa perchè appena ha messo piede nella metropolitana milanese ha iniziato a gridare a pieni polmoni tutto il suo disappunto: evidentemente riteneva che una limousine fosse più appropriata per un gatto della sua levatura. In ogni caso, non avevo soldi nemmeno per un taxi, quindi sua eminenza ha dovuto adeguarsi, e ha continuato a strillare fino a casa.
Una volta arrivato ha scoperto che la sua mamma non era lì ad aspettarlo, come probabilmente si aspettava lui. Si è infuriato col mondo: ha miagolato alla lettiera, al topino di pezza, alla ciotola, alle mie pantofole e al micio che lo fissava dallo specchio.
Quando gli ho offerto un piattino di costossissima mousse di anatra, ha miagolato anche a quella.
Poi si è avvicinato diffidente, ha dato una sniffatina e l'ha divorata.
A pancia piena deve aver fatto qualche considerazione e, una volta stabilito che potevo essere una mamma passabile, ha smesso di lamentarsi e mi si è appiccicato come una cozza.


Anche Amèlie ha 50 giorni, l'hanno raccolta ieri sul ciglio della tangenziale.
E' soffice e silenziosa come un trudino, si è lasciata fare il bagno senza lamentrarsi, ha sopportato stoicamente il phon che le arruffava il lungo pelo, infine si è fatta pettinare e profumare.
E' una principessina che sembra uscita dagli Aristogatti. Sta seduta ben composta accanto a me e, fuseggiando sorniona alle mie carezze, finge di ignorare i tentativi di Alvin di attirare la sua attenzione.
Lui salta, rotola, miagola, si esibisce in goffe acrobazie e le allunga qualche impudente zampata.
Lei, impassibile, socchiude appena gli occhi.
Poi abbassa castamente lo sguardo e, con apparente noncuranza, si liscia il pelo nero e lucido.
La linguetta rosa guizza rapida e maliziosa.
Un tripudio di felina sensualità.

ps:  Le foto fanno un po' pena, lo so. Ma fotografare i gatti è un'impresa. Sono abilissimi a prenderti per il culo: stanno perfettamente immobili, in posa, per minuti. Ma appena sei pronto a scattare, girano la testa e se ne vanno, agitando eloquentemente la coda.

4 commenti:

  1. Alla fine è Amelie, forse è anche meglio di Momo! Com'è pelosa! E l'occhio guercio di Alvin non fa schifo come pensavo.

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  2. Come fai? Come fai a prenderli svezzarli, rimetterli in sesto e consegnarli ad una famiglia che se ne prenda cura?
    Adesso vivo in una casa no-pet-allowed, quindi non mi pongo il problema. Ma quando vivevo a casa con mia madre, sembrava di essere allo zoo.
    Dopo la morte della nostra adoratissima gatta di 17 anni, abbiamo giurato e spergiurato che, mai più e mai poi avremmo fatto una cosa del genere. Niente più gatti. (lo avevamo giurato anche dopo la morte del primo pastore tedesco, della tartaruga d'acqua suicida e della tartaruga di terra deceduta il giorno del mio compleanno).
    Giuramento seguito con rigore fino a un paio d'anni dopo.
    Un batuffolo acido e soffiante di tre colori era stato trovato, provvisto di 4 fratelli, in un cassonetto. Mia madre provvede, con tanto di reperto fotografico, ad informarmi che, no, non potevamo lasciarla senza famiglia. Nemmeno 3 ore dopo, la spelacchiata, rinseccolita e bruttarella sorella della suddetta miciozza, arriva a ruota in attesa di futura e permanente sistemazione.
    Va bene, quella di tre colori la teniamo, l'altra la diamo via appena si riprende.
    Magari tra qualche giorno.
    Magari il mese prossimo.
    Morale della favola Tabata e Mafalda hanno preso pieno possesso della casa, inizialmente corrompendo il pastore tedesco (che ha perfino acconsentito di fingere di allattarle), successivamente facendo da badanti arzille e seducenti allo yorkshire di 17 anni.

    Ma come fai? Dipenderà dai miei complessi d'attaccamento irrisolti? Dalla mia fagocitante apprensione e smania di controllo?
    Ommiodio, sarò sicuramente una pessima madre!

    p.s. scusa, sono logorroica e delirante. La prossima volta mi contengo.

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  3. bimba scrivi in modo semplicemente adorabile

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  4. Valentina, è una cosa che mi chiedono tutti.
    La risposta è: boh!
    La prima gattina che ho cresciuto e ceduto si chiamava Sibilla, l'avevo trovata in un cantiere. Dopo oltre un mese che era con me l'ho accompagnata personalmente fino alla nuova casa: me ne sono andata singhiozzando. Ho percorso in lacrime tutta la tangenziale, mi sembrava di aver abbandonato una figlia.
    Ho giurato "mai più una cosa del genere, mai più gatti in affido".
    Dopo nemmeno un mese ho visto che all'Enpa cercavano volontari per tenere in stallo i gattini più piccoli, che in gattile difficilmente sopravvivono...Ovviamente non ho resistito.

    Ogni volta che arriva un cucciolo nuovo mi dico "no, questo è troppo tenero, non riuscirò mai a darlo via." Invece poi, non so come, arriva il momento giusto, la famiglia giusta. E me lo sento dentro che posso lasciarlo andare.
    Ovviamente mi dispiace, mi viene sempre il magone quando li saluto, ma di solito faccio appena in tempo a rendermene conto, che subito mi mettono in braccio un altro batuffolo...e si ricomincia.
    Questo aiuta tanto, non si fa a tempo ad immalinconirsi troppo: per innamorarsi del nuovo gattino ci vogliono meno di 5 secondi.

    Ovviamente non è sempre tutto semplice e bello: spesso i piccini covano qualche malattia e tante volte è questione di vita o di morte.
    Allora sono lacrime, notti in bianco a vegliarli, lotte per fargli bere anche solo una goccia d'acqua, corse dal veterinario alle 11 di sera, preghiere perchè vada tutto bene.
    E' in quel momento che SONO i tuoi gatti. Che li stringi forte e giuri che non li lascerai mai più, mai più, se solo sopravvivono.
    Poi però, quando li vedi tornare a star bene e la loro famiglia viene a prenderli, pensi che in fondo gli hai salvato la vita, che staranno bene ed è anche un po' merito tuo.
    Questa è una bella sensazione.

    Io le mie gatte le ho già. Non sento il desiderio di avere un terzo micio,lo scopo è aiutarne il più possibile.
    Lo scotto da pagare è ingoiare qualche lacrima e accettare di averli solo per un po'.
    Il giorno in cui deciderò di tenerne uno per me, non potrò più aiutare tutti gli altri, perchè i miei genitori diranno basta. E' un tacito accordo nato nel momento in cui tutto questo è iniziato.

    Quando vivrò da sola, allora si che farò uno zoo!

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